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Il piccolo principe di Anna Rita Rossi

La mattina Battista si sveglia molto presto, intorno alle 5, al massimo le 6. Ma questa notte è stata più breve del solito, sono appena le 4. Per fare un po’ di sesso col suo amore dovrà aspettare che si facciano almeno le sei. Non ama essere disturbata prima di quell’ora, è un essere davvero molto delicato e suscettibile.

Accanto a lui, Carmela, la sua compagna, dorme il sonno dei giusti e con la grande bocca aperta riversa rivoli di saliva sul candido cuscino. Cerca di fermare il meno possibile gli occhi su di lei, ma nella cucina, in cui dormono ormai da due anni, c’è molto poco da osservare. Un fornello qualsiasi, un divano anonimo e un tavolo di legno bianco. Ah sì, in quell’angolo c’è anche la televisione, ma non può accenderla. Si accende invece una sigaretta e con gli occhi semichiusi osserva il soffitto, le sue crepe, le sue macchie di umidità, un ragno che dorme nella sua ragnatela.

Ma poi i ragni dormono? È fin troppo interessante quel soffitto per un posto come quello. Battista si dice che, tutto sommato, è fortunato a potersi perdere in una simile volta celeste. Con la mano sinistra si gratta la guancia. Forse dovrebbe farsi la barba, ma che importa? Non dovrà uscire quest’oggi. Deve invece pensare seriamente a cosa farne di quei capelli residui. Vorrebbe pure essere coerente fino in fondo e radersi a zero, ma è troppo affezionato a quei quattro peli che gli sono rimasti.

La canottiera bianca che indossa inizia a puzzare, dovrà metterla a lavare e forse dovrebbe darsi anche lui una sciacquata. Ma gli piace la sua puzza, gli ricorda di esistere ancora. Nel suo odore di piscio e cipolla si ritrova. Carmela continua a dormire con la bocca aperta, a pancia in su. L’enorme braccio burroso e noduloso che esce dal lenzuolo, sparsi i capelli neri sul cuscino.

La sua Ermengarda dalla pelle scura, dal naso aquilino e dalla peluria incipiente. Vorrebbe potersi accostare a lei, sfiorarle la pelle con le dita, sussurrarle all’orecchio qualcosa di dolce, tentare di afferrare qualcosa che non c’è, che non può esserci, ma proprio non ci riesce. Quel gigante steso sul suo letto ha troppo poco della donna. Eppure non è colpa di lei. Ma non è nemmeno colpa di lui. Ma se proprio una colpa si vuole cercare è certamente colpa di lui. Di quel suo strano modo di pensare, dei sogni che non ha avuto il coraggio di formulare, non tanto di realizzare.

Ma aveva anche lui qualcosa di buono un tempo e, dopotutto, anche Carmela aveva avuto qualcosa di bello. Ma contava qualcosa il passato in quella cucina squallida di quella lurida vita?

Guarda la sveglia, si è fatta l’ora, finalmente! Prende gli occhiali da terra e li sistema sul naso, spegne la sigaretta nel bicchiere di plastica e si alza. Piano, si avvicina al balcone, assapora ogni singolo attimo di quel momento. Osserva il cielo schiarire. Porta una mano verso i pantaloni del pigiama e inizia a strofinarsi il pene. La vede, è lì. Bella come sempre, dolce come non mai. Forse ancora più bella oggi che è un po’ ricurva, piegata su se stessa, fragile e spaurita. Cosa non darebbe per proteggerla!

Battista apre la finestra e stende la mano sinistra per accarezzarla, è liscia come seta. Il movimento della mano destra si fa sempre più veloce. Si piega a baciarla, ad annusarla, a leccarla. È il momento, abbassa i pantaloni e caccia fuori il pene. Ancora pochi secondi ed ecco. Il miracolo.

Fiotti di sperma annaffiano il vaso di terracotta in cui dimora la sua dea. Indugia ancora un attimo su di lei, timidamente e a bassa voce le dice “Ti amo”. Poi, velocemente, si guarda intorno e chiude la finestra. È già tutto finito, troppo presto. Si volta indietro e riprende a osservare la stanza, stavolta con più disinteresse. Si gratta nuovamente la guancia. Sarà meglio preparare il caffè.

Ogni mattina, verso le 6, un uomo affacciato al balcone concima una rosa col suo sperma. Estremo e poetico gesto di rivolta di un Battista qualsiasi che all’alba di un giorno qualsiasi sparge il suo seme su di una rosa, alla faccia del mondo, alla faccia della figlia incinta a sedici anni, alla faccia di quella moglie, di quel genero delinquente, di quella vita schifosa che non ha scelto, che ha accettato senza volerlo. Estremo gesto di rivolta di un Battista qualsiasi che, poeticamente, amando una rosa, resiste.

 

Cenni biografici

Anna Rita Rossi è nata il 9 maggio del 1991 a Cetraro (CS) ed è cresciuta a Diamante. Nel 2009 ha conseguito il diploma al liceo classico di Praja a Mare e studia attualmente Lettere Moderne all'Università di Napoli Federico II. Vive tra Napoli e la Calabria. Scrive da sempre poesie.

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